C’è sempre tempo…

L’aria fresca della primavera inoltrata entrava dalle finestre lasciate socchiuse.
Fuori solo silenzio, interrotto di tanto in tanto da cani lontani che abbaiavano alla luna piena.
Massimo non riusciva a prendere sonno come ormai gli succedeva da un paio di settimane a questa parte, da quando aveva riportato a casa suo padre dall’ospedale. Pratiche da firmare, quella per la dimissione, e quella per lo “scarico di responsabilità”, e discorsi di convenienza in generale per dire a lui e sua madre di riprendersi quell’uomo che sarebbe morto di li a pochi giorni.
Era solo questione di tempo e di volontà, se divina o umana poco importava.
E allora era li, nel cuore della notte, nella stanza vicina con un orecchio teso a sentire se quel respiro profondo si fermasse da un’istante all’altro.
Aspettare la morte, sentirla nell’aria fredda e pungente.
Orribile attesa, fatta di pensieri pesanti e opprimenti.

Per lui, perso nei ricordi sconnessi del suo rapporto con quell’uomo che aveva amato e odiato per tutti quegli anni; quell’uomo con cui non aveva mai saputo, o potuto, parlare veramente, costretti in quei rigidi ruoli di padre e figlio imposti da canoni educativi di altri tempi. E adesso che era diventato padre anche lui, adesso che crescendo aveva capito molte più cose, i ricordi di tutti gli anni passati insieme e perso in stupide discussioni, attriti e rancori, erano sottili e aleatori come l’aria che passava dalle finestre.

E pensava a come poteva essere l’attesa per suo padre, costretto nel letto dalla malattia, ridotto pelle ed ossa per aver deciso di non mangiare. Era stato un uomo forte, orgoglioso, e aveva deciso di lasciarsi andare, per togliersi di mezzo il prima possibile e non essere di peso alla sua famiglia.
Ma inspiegabilmente quel corpo si ostinava a lottare, a restare aggrappato con i denti a quella vita quasi centenaria che tanto gli aveva dato e poco aveva chiesto in cambio.
Come poteva passare quelle ore, quei giorni lui? Ancora completamente presente, cosa mai poteva passargli nella testa?
Era forse una condanna ,quell’attesa , a pensare e ripensare alla vita disteso nel suo letto affianco alla morte?

Come tutte le notti, Massimo si alzò e si andò a sedere al capezzale del padre.
Prima restava ad ascoltare quel respiro lento e profondo poi, sottovoce, gli raccontava tutto quello che in vita sua avrebbe voluto dirgli, aprendo le porte a quel sentimento di amore che mai aveva immaginato potesse avere tante così tante parole per provare a spiegarlo.
Angelo, come tute le notti, restava in silenzio facendo finta di dormire. Captava a stento quelle parole, ma dovevano arrivargli dentro da altre vie, toccare la sua anima e aprire il rubinetto di calde lacrime che scendevano a solcargli il volto.

E allora, aspettare la morte, era forse la condanna di un Dio che non aveva mai pregato e che evidentemente non voleva prenderlo con se , o cosa?

Il senso e le risposte di una vita, tra le parole sottovoce di suo figlio e le sue lacrime nascoste.


13 thoughts on “C’è sempre tempo…

  1. Aspettare la morte può essere davvero un’opportunità. L’ho visto accadere molte volte, e forse altrettante non accadere. E se siamo consapevoli della morte in vita, forse possiamo far accadere molte più cose quando ancora siamo in tempo….
    Molto toccante e vero, questo racconto…
    Ciao Manuel!
    Chiara

  2. ..intenso come solo te sai fare…
    E’ spunto di quelle riflessioni che ti passano davanti solo quando quel “pilastro” spesso ingnorato , volge alla fine..
    I genitori…si capiscono tante cose quando anche noi figli si passa dalla loro parte.
    Anch’io ho atteso la morte di mio padre e anch’io parlavo sottovoce…e anch’io sentivo quell’odore di morte incredibile che ti resta addosso per tanto tempo.
    Sono situazioni che meriterebbero di non essere mai sottovalutate in vita…purtroppo la vita stessa ci porta lontano , ci fa dimenticare che quei pilastri ,lo erano prima e restano dopo….e quando non ci sono , ci sentisamo spiazzati, diversi, quasi abbandonati.
    Io non avevo un buon rapporto con mio padre eppure….eppure mi manca da morire anche dopo 15 anni dalla sua scomparsa e ricordo tutto….

    ..il bello è che suo padre sentiva e capiva tutto…come il mio.
    Bellissimo racconto….mi domando se lo sia davvero…

    vento

    1. Grazie vento
      il racconto è ispirato da una storia vera, ed io ne ho immaginato i contorni che avrei voluto come lieto fine (e che poi si sono rivelati reali).
      Per fortuna ho ancora i miei genitori e, crescendo, ho avuto la fortuna di arrivare a capire cosa vuol dire fare i conti con una fine dalla quale non si può scappare. e allora spero che quando arriverà, né io né loro avremo rimpianti per cose che non ci siamo detti. abbiamo tutto il tempo.
      Questo non vuol dire che non sentiremo la mancanza, ma almeno non avremo appunto dei rimpianti che la possano offuscare.
      Ciao, e grazie ancora

  3. E’ una bella lezione questa.Da bambini ci si confida con i genitori (io lo facevo), crescendo ci si distacca (ma forse è normale che sia così) e, con il passare degli anni, mentre tu invecchi e loro invecchiano più di te ti rendi conto di quante cose sono state date per scontate pensando che il legame genitori e figli renda superflua qualunque spiegazione o pensiero. Invece noi cambiamo crescendo e loro cambiano invecchiando.. Ma la qualità genitoriale è tutta una risorsa. E per questo forse non servono parole, loro sanno, loro capiscono….

    1. Si, penso che ci sono alcune cose che ci diciamo senza aver bisogno delle parole, forse perchè viaggiano attraverso quel cordone ombelicale che lega figli e genitori tutta la vita.
      Comunque, io devo dire che da quando vivo lontano da loro (ormai 16 anni) il rapporto è migliorato, forse perchè adesso non sonosolo genitori ma anche amici…con cui dirsi tutto.
      Ciao

  4. Hai scritto minuziosamente gli accadimenti e le sensazioni di quei momenti. Le lacrime che versai allora per mio padre, sono tornate a sgorgare impetuose nel dipanarsi delle tue parole. Grazie, grazie…figlio mio!

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