La stanza era vuota, adesso. Come tutte le altre.
Tutto rimaneva silenzioso e squallido come solo gli ospedali possono essere: quelle fredde luci al neon, le pareti verdoline, le piastrelle vecchie e sbiadite. E quel fastidioso odore di medicinali.
Di fuori cominciava ad imbrunire e la pioggia sui vetri giocava con le luci dei primi lampioni che illuminavano la sera.
Maria si guardava attorno, silenziosa.
Silenzio nel silenzio, pesante come un mattone quando adesso aveva dentro una voglia matta di urlare, svegliare tutti e soprattutto svegliare se stessa e quel corpo anestetizzato e intorpidito che la costringeva a letto.
Era sotto osservazione. I macchinari attorno a lei lavoravano meticolosi per rimetterla in sesto, per curarla, per ripulirla da tutto il veleno che aveva provato ad ucciderla.
Quel veleno che lei stesa aveva ingerito pensando, e sperando, di farla finita.
Non ci era riuscita: era stata trovata in tempo, portata in quello squallido ospedale e salvata. Presa per le pinze, come si usa dire. Anche se lei quelle pinze, adesso, voleva dipingerle come le ali dell’angelo custode che l’aveva salvata.
Era stato lui ad averla trovata, preoccupato quando non rispondeva ai messaggi prima e al citofono poi.
Le era stato accanto in quella sua depressione, dall’inizio alla fine, mentre tutti gli altri, amici ma anche parenti, piano piano scomparivano lasciandola sola a lottare contro quel male e a vegetare contro la vita.
Lui no, lui non l’aveva abbandonata, lui non aveva preferito se stesso e i suoi problemi; lui non aveva preferito persone più felici e solari a lei così depressa e deprimente.
Lui le era stato accanto, silenzioso amico, angelo custode in attesa che lei smettesse di subire la vita ed iniziasse a reagire.
Quando non ci sono altre soluzioni, quando non sono possibili altri tipi di aiuti da dare a chi aiuti non ne vuole. Lui lo sapeva, ci era passato. E sapeva benissimo che l’unica persona che avrebbe potuto salvarla era Maria stessa, quando lo avrebbe veramente voluto.
Ed allora aspettava, vegliava, era li pronto a correre in suo aiuto, pronto a cogliere ogni piccolo segnale, indizi, che potessero far presagire una scelta che sembrava quasi scontata e irrimediabile.
Ma non era stato il chiamare l’ambulanza ed accompagnarla in ospedale il suo eroico gesto.
Maria sorrise pensando a lui. Una lacrima dolce e calda le scese sul viso.
Con le mani strinse forte il diario nelle mani, quel diario che le aveva dato lui poco prima, quando era passato a trovarla. Insieme ad un pacchetto di sigarette e accendino da fumare in bagno di nascosto.
“E questo cos’è?”
“Il diario della tua vita: adesso è vuoto e bianco come lo è stato per troppo tempo, per tutti gli anni che non hai mai vissuto veramente. Adesso spero che lo vorrai riempire di pagine piene”
Un sorriso e se ne era andato, lasciandola dubbiosa e perplessa al tempo stesso.
Aprì il diario, prese la penna.
“Torno a vivere, torno a vivere oggi. Rinasco adesso per vivere ogni giorno ed ogni secondo di una vita che mi è stata data e che non mi è ancora stata tolta. Ci sara un motivo no?
Torno a vivere, lo giuro a me stessa. Torno a vivere e a ridere.
Perché sono venuta al mondo piangendo mentre tutti ridevano. E me e voglio andare ridendo lasciando che gli altri piangano pure…”.
Maria si sentì rinata, quel giorno.
Lui si tolse la vita qualche mese più tardi.
…Dio bonino….
è un racconto vero…
Che dolore però che proprio lui se ne sia andato via …per sempre.
Non so spiegartelo…forse aveva compiuto la sua missione…
Ciao Manuel…
te non sei un angelo 🙂
baci
vento
Forse
o forse è più facile dare aiuto e consigli agli altri che a noi stessi…così come accettiamo meglio cose dette da altri invece di quelli che sappiamo noi stessi (per esempio un libro, una frase o una canzone di un altro hanno un effetto maggiore rispetto a quello che noi già sappiamo ma non possiamo mettere in atto…)
Chissà…
Ciao
Credo sia molto più facile aiutare gli altri che noi stessi.
io sono un caso a parte…sorrido a parole che hanno un gran senso …ma in realtà non ci credo mai…
Pessimista incallita purtroppo…o fortunatamente.
Sta di fatto che questo racconto lascia molto amaro in bocca ….
Ciao Manuel…grazie…
Beh, lascia amaro in bocca a metà, come tutte le cose nella vita dipende quale parte guardare …
Grazie a te !
brrrrrrrrrrrr
Caspita, i tuoi finali sono delle botte di dolore! Ho letto anche il tuo libro… Fa muovere una parte di me che si ribella a quella piega degli eventi… Che vorrebbe salvare i personaggi prima del baratro… Ohi ohi… 😉
si, forse i piaciono i finali spiazzanti, dolorosi…forse perch’e abbiamo bisogno di soffrire per apprezzare la felicità?
ciao Chiara
Mi sa di sì!…
Ciao, Manuel
Ciao,
mi è piaciuto il racconto! Personalmente tutto tranne l’ultima riga.. 😉
Sai perchè ? Perchè considero un vero successo trovare la soluzione per sè stessi e poterla consegnare anche ad altri… e proseguire insieme verso il naturale finale 🙂 ovvero non lasciare “diari” aperti, non completati di “pagine piene” ..
Ciao e grazie Manuel!
Si, forse sarebbe bello…ma come spiegavo prima a voltee`piu facile dare consigli agli altri che a noi stessi
Ma non dobiamo smettere di sperare che il finale possa essere quello da te descritto.
Grazie a te,…e ciao!